Testamento
Dentro a un silenzio voglio morire.
Sono sicura, l’avevo detto.
Ma è solo andare per quei miei fatti
che molto spesso vi ho raccontato.
Avrò ciabatte con fili dorati,
la gonna lunga,
una di quelle che avete già visto,
forse uno scialle per fare un po’ scena.
Non mi chiedete di quest’assenza:
l’avevo già messa in preventivo.
Vi chiedo scusa se non farò
tutti gli avvisi che sono d’uso:
non amo molto quel ch’è di prassi.
Se non mi scordo posso mandarvi
un telegramma, oppure un’e-mail,
ma preferisco telefonarvi,
quando un mattino bussa la noia.
Comunque, al solito, avrò da fare.
Vi prego solo di non buttare
quei miei quaderni con le poesie,
dei miei ombretti tutti i colori,
i ciondolini comprati in India.
Gettate pure tutti i copioni
e quelle scene che m’eran strette,
i miei rancori e tutti i nodi
che ancora oggi io non ho sciolto.
Non troverete i miei ricordi
e le passioni che porto addosso
come un vestito un poco smesso.
Dietro a una porta posso lasciare
una risata, due meraviglie
e tanta voglia di fare sogni.
L’attaccapanni non sarà vuoto:
c’è il mio cappotto dove un inverno
s’era posata una carezza.
Cose in sospeso lasciatele stare:
forse una sera ritorno a finirle.
Non fate domande su cosa è successo:
io me ne andrò perché ne avrò voglia.
Adesso sta a voi fare silenzio;
io vi ringrazio, se avete compreso.